Avvertenze

- - - - - - - LE RECENSIONI POSSONO CONTENERE SPOILER!!! - - - - - - -

giovedì 29 dicembre 2011

Hal Clement - "Stella Doppia 61 Cygni"

Autore: Hal Clement
Titolo: "Stella Doppia 61 Cygni"
Edizione: Mondadori Urania n° 734
Anno: 1977

C'è chi esalta i vecchi Urania a prescindere, come se tutti quelli che si pubblicavano una volta fossero bellissimi, mentre oggi non esce più niente di neanche decente. Sinceramente credo che ci siano cose più o meno buone adesso, così come c'erano tempo fa. 
Se, però, un lettore dovesse comprare un Urania a caso e optasse per la copertina che mostra una specie di lucertolone ipertrofico a 10 zampe, beh... allora potrebbe davvero entrare a far parte degli adoratori dei vecchi Urania, e per un valido motivo. 
"Stella Doppia 61 Cygni" è un capolavoro di quella che viene normalmente definita Hard-Science Fiction. Una fantascienza, cioè, che punta moltissimo sulla plausibilità delle descrizioni scientifiche: le invenzioni, gli alieni, gli avvenimenti, tutti si attengono a nozioni di fisica, biologia, astronomia, etc. spesso studiati e sviluppati molto attentamente. 
Hal Clement fa tutto questo e altro ancora. Il pianeta su cui si svolge la vicenda ha una forma e una geografia particolare, con un originalissimo campo gravitazionale... e ci viene spiegato. Così come sono particolari le creature che si trovano a vivere su quel pianeta, e ci vengono spiegati anche loro, i loro usi, costumi e la chimica della loro vita quotidiana. 
Soprattutto, però, a rendere un capolavoro questo libro è che non cade mai nell'errore più comune che viene normalmente imputato alla Hard Science Fiction. L'accusa, di solito, è infatti quella di essere una narrativa troppo tecnica, troppo complessa, piena di paroloni che distraggono il lettore, con descrizioni infinite che annoiano e fan venir voglia di mettere giù il libro. Niente di più falso se accostato a "Stella Doppia 61 Cygni": un romanzo che è un fuoco di fila di avvenimenti, che spiega le cose in maniera semplice e chiara, che coinvolge il lettore anche se protagonisti delle vicende non sono esseri umani, ma piccole creature a metà tra un'aragosta e un millepiedi.

sabato 24 dicembre 2011

Giovanni De Feo - "Il Mangianomi"

Autore: Giovanni De Feo
Titolo: "Il Mangianomi"
Edizione: Salani
Anno: 2010

Particolare e interessante la scelta di creare una sorta di Regno di Napoli di fantasia, popolato di mostri, streghe, magie e fantasmi, come ambientazione per il proprio romanzo. Probabilmente è, infatti, proprio il contorno la migliore delle invenzioni de "Il Mangianomi" di Giovanni DeFeo. 
Un libro che è scritto bene e che si lascia leggere tutto d'un fiato, ma... eggià, purtroppo c'è un ma. 
Il titolo del libro, in realtà, è parzialmente fuorviante: "Il Mangianomi" è, infatti, il titolo solo di un racconto lungo (circa 150 pagine) a cui ne segue un altro, "Il Contaombre", ben più lungo e articolato. "Il Mangianomi" appare, quindi, quasi come un antipasto, un mezzo per presentare tutti i personaggi in scena che verranno, poi, meglio approfonditi e adoperati nella successiva storia. 
Non che sia una brutta storia, anzi, "Il Mangianomi" appassiona, commuove e coinvolge il lettore; l'unica cosa che lascia davvero con un po' d'amaro in bocca è che sia troppo breve e si risolva solo in un racconto invece che in un romanzo intero. 
Il successivo "Il Contaombre" è, quindi, il vero romanzo contenuto in questo libro. Un romanzo strettamente legato a "Il Mangianomi", dato che ne è la diretta prosecuzione, quasi un seguito, ma a sua volta presenta qualche difetto. 
Tutta la vicenda appare, infatti, come una sequenza di racconti diversi, quasi fossero idee diverse (con delle buone idee, bisogna dire) ricucite insieme a comporre una storia unica. Qui e là, però, per quanto sia evidente l'impegno dello scrittore per far combaciare tutti i pezzi del puzzle, si avverte un vago senso di incompiutezza. La sensazione è un po' quella che ci siano delle forzature nel cercare di far stare tutto insieme, addirittura che alcuni pezzi della storia avessero, in origine, un protagonista diverso e che solo con una scusa si sia riusciti a infilarli dentro. 
Il giudizio sul volume nel suo complesso, quindi, è un po' una media tra la forma, forse non del tutto convincente, e le doti dell'autore nello scrivere e nell'inventare storie e situazioni, queste, invece, sì promosse a pieni voti. 
Per una volta che c'è un fantasy con un po' di originalità, oltretutto scritto da un italiano, una lettura, però, consiglierei di dargliela ;-)

lunedì 21 novembre 2011

Preston & Child - "Dossier Brimstone"


Autore: Douglas Preston, Lincoln Child
Titolo: "Dossier Brimstone"
Edizione: Sonzogno - Bestseller
Anno: 2006

Quarto romanzo per l'accoppiata Preston & Child con protagonista l'agente speciale dell'FBI Aloysius Pendergast.
E ormai sta cominciando quasi a diventare noioso il dover sempre ripetere i soliti elogi alla coppia di scrittori americani o enumerare i soliti complimenti. Eppure è così, non ci si può fare nulla.
Non si tratta, è ovvio, di alta narrativa. Di romanzi che passeranno alla storia della letteratura. Eppure son libri che funzionano più che eggregiamente per ciò che sono stati scritti: INTRATTENERE.
In un mare magnum di pubblicazioni sempre più omologate, di gialli fatti con lo stampino, di pagine scritte (non si posson definire romanzi) fatte passare per horror e svendute a ragazzine in crisi ormonale, i volumi di Preston & Child sono una vera boccata di aria fresca.
Non solo, infatti, sono scritti bene, molto bene, di quei libri da cui hai seri problemi a staccarti. Ma sono anche molto ben documentati (quest'ultimo, ad esempio, è largamente ambientato in Italia, e si vede che gli autori han calpestato il nostro suolo natio in prima persona, prima di mettersi a scrivere) e riescono ancora a regalare qualche gustoso brivido lungo la schiena.
Insomma, se volete staccare un po' la spina con un buon thriller, degno di questo nome, "Dossier Brimstone" potrebbe fare al caso vostro. Il consiglio, però, è sempre quello di partire dall'inizio delle indagini dell'Agente Speciale Pendergast, per non perdersi neanche una virgola delle sottotrame che vanno dipanandosi di volume in volume.
P.s.
E' altamente sconsigliato avvicinarsi a questo libro e iniziarne la lettura senza avere già in mano il successivo "La Danza della Morte", a meno di non volersi mangiare le mani per la crisi d'astinenza :-)

mercoledì 26 ottobre 2011

Joseph Conrad - "Tifone"

Autore: Joseph Conrad
Titolo: "Tifone"
Edizione: SugarCo
Anno: 1999

Ho tentato, ormai, tre volte di scrivere una recensione per questo libro. E non ci sono riuscito. 
"Tifone" è considerato uno dei punti più alti della narrativa di Conrad, eppure si tratta solamente di un racconto lungo, neanche un romanzo. Proprio la lunghezza ridotta è il motivo per cui non ho potuto elargirgli le 5 stellette, ma mi son fermato a 4. Il finale, infatti, sembra un po' tirato via e al lettore rimane l'amaro in bocca di chi è convinto di esser stato defraudato di una buona metà di libro. 
Ciò che c'è scritto, però, ripaga ampiamente per i soldi spesi. La storia, la vicenda, in alcuni frangenti diventano quasi una metafora per raccontare l'animo umano, le sensazioni, le emozioni che, proprio come una tempesta, entrano in conflitto tra loro. Ma, allo stesso modo, è anche una storia di totale stolidità nel volersi opporre alla natura. 
Come sempre leggere Conrad è come leggere dentro se stessi. La lettura non è facile, spesso va a rilento, diventa farraginosa. Si è costretti a leggere e rileggere le stesse frasi. Ma, alla fine, ci si rende conto di come tutto questo sia stato un processo, lento ma costante, di crescita interiore. 
Non importa neanche che si condividano le idee o le opinioni dello scrittore, in ogni caso al termine del libro si è una persona diversa.

lunedì 17 ottobre 2011

Dario Tonani - "Toxic@"

Autore: Dario Tonani
Titolo: "Toxic@"
Edizione: Mondadori - Urania n° 1574
Anno: 2011

Con "Toxic@" Dario Tonani dà un seguito, per modo di dire, a quel "Infect@" con cui vinse il Premio Urania. 
Le atmosfere sono le stesse: una Milano grigia con più ombre che luci, bagnata da una pioggia apparentemente perenne che ricorda tanto da vicino quella di Blade Runner e dei romanzi di Richard Paul Russo. La storia, però, è ambientata diversi anni dopo e i cartoni, che nel precedente libro erano agli inizi, sono ora diventati non solo normalità, ma una vera e propria piaga sia per le malattie che diffondono, che per il loro smaltimento pressochè impossibile. 
Tonani ha, quindi, cercato di re-inventarsi il futuro, di farlo evolvere, di non rimanere ancora a ciò che aveva già creato. 
Cosa c'è che non va, quindi? 
In realtà poco. Il suo tentativo è apprezzabile e, oltretutto, riuscito perchè i nuovi elementi funzionano e non fanno sentire al lettore di trovarsi in presenza di una brutta copia di "Infect@". Il problema è che molti di questi elementi, purtroppo, non vengono sfruttati a sufficienza. 
Come già nel precedente romanzo, l'ambientazione fantascientifica, i cartoni stessi, sono solo uno sfondo, una bella scenografia in cui si potrebbe ambientare qualsiasi vicenda. E le vicende che vi si inscenano non hanno nulla o quasi di fantascientifico. Se per "Infect@" questo era un errore veniale che si poteva perdonare in virtù di una certa originalità (non dimentichiamoci, però, che in fondo i cartoni che interagivano con gli umani c'erano già in "Chi ha Incastrato Roger Rabbit, qui in più c'è solo l'atmosfera cyberpunk), lo stesso discorso non può essere fatto per "Toxic@". Al netto dei cartoni, infatti, ciò che rimane è solo un giallo, ben scritto, ma senza particolari spunti, ambientato in quella che viene chiamata Milano, ma che potrebbe ormai essere qualsiasi altra città. Anche il fattore cittadino, infatti, il poter osservare la propria città come trasfigurata dalla penna dello scrittore, qui un po' si perde rispetto al precedente lavoro (che comunque non brillava sotto questo punto di vista, anche a causa delle molte, troppe, scale d'emergenza in metallo sul retro dei palazzi che a Milano sono frequenti quanto le mosche bianche), rendendo il conglomerato urbano sempre più anonimo e, al contempo, degno di essere qualsiasi metropoli occidentale da New York a Londra. 
Spiace, quindi, che Tonani non abbia fatto un salto di qualità verso la fantascienza vera e propria. "Toxic@" rimane, però, un bel libro più che buono per far passare il tempo, ben scritto e capace di riservare qualche ora di svago e intrattenimento non del tutto banale. 
Urania, però, dovrebbe cominciare a pensare un po' di più a dare spazio e a sostenere la fantascienza con dei contenuti (anche e soprattutto se Made in Italy) sulla propria testata madre (magari proprio attraverso il Premio Urania che, purtroppo, negli ultimi anni sembra aver premiato solo libri fotocopia con trame "gialle" e ambientazione cyberpunk) e non accontentandosi di proporla in Urania Collezione.

domenica 25 settembre 2011

Francesco Dimitri - "Pan"

Autore: Francesco Dimitri
Titolo: "Pan"
Edizione: Marsilio
Anno: 2008

La parola capolavoro, negli ultimi anni, è diventata un po' troppo d'uso comune. Sembra che qualsiasi libro che venda più di qualche decina di copie sia un "capolavoro" e questo a prescindere da come è scritto o dalla storia che racconta, dai messaggi che veicola o dall'originalità e dal valore rivoluzionario (o meno) dell'opera. 
Il più delle volte, quindi, ci si rende ben presto conto che più che di capolavoro si dovrebbe parlare di "successo editoriale", ma è ovvio che una simile scelta di termini, scritta a lettere cubitali sulla bandella del libro, attirerebbe molte meno attenzioni e simpatie di quel "capolavoro" tanto abusato. 
Per fortuna "Pan" di Francesco Dimitri fa eccezione. 
"Pan" è un libro davvero ben scritto, incalzante, capace di tenere il lettore incollato alla pagina. Con personaggi vivi e pulsanti, a tutto tondo, che respirano e agiscono come farebbero davvero, senza scadere in tanti clichè e fastidiosi comportamenti da telefilm americano. 
Inoltre c'è la storia. 
Un brillante intreccio tra fantasia e mito, tra realtà e storia della letteratura per ragazzi. Il mito di Peter Pan, nelle mani di Dimitri, trasfigura, assume nuovi significati e tutta la profondità necessaria a diventare altro. L'operazione poteva sembrare rischiosa, scrivere un libro su di un altro libro, eppure riesce e riesce in maniera brillante ed originale. 
Per la freschezza della narrazione e il modo in cui scardina certi dogmi del fantasy meriterebbe una diffusione ben superiore ai patrii confini. Certamente un'opera a cui molti scrittori italiani dovrebbero guardare, ma non per copiare, bensì per comprendere come sia ancora, anzi sempre, possibile scrivere qualcosa di nuovo.

martedì 26 luglio 2011

Philip Jodidio - "Ando"

Autore: Philip Jodidio
Titolo: "Ando"
Edizione: Taschen
Anno: 2007

L'opera di un grande artista, perchè non può essere definito in altro modo un architetto come Tadao Ando, sviscerata attraverso le sue opere più note. Un libro che ci accompagna dai primi progetti fino al prestigio (meritatissimo) internazionale giungendo fino a pochi anni da noi. Purtroppo (o per fortuna, visto che Ando è ancora in attività) non può essere completo, ma è lo stesso sufficiente per rendersi conto di quale contributo è stato dato alla storia dell'architettura da quest'uomo. 
Chi schifa e non apprezza l'architettura contemporanea considerandola fine a se stessa, sgraziata, grezza... dovrebbe decisamente dare una occhiata a questo libro, anche solo sfogliandolo si renderebbe conto di quanto si sbaglia.

Michael Moorcock - "I.N.R.I."

Autore: Michael Moorcock
Titolo: "I.N.R.I."
Edizione: Mondadori - Urania Collezione n° 102
Anno: 2011

A un grande autore, a un autore con delle idee, non servono mille mila pagine per raccontare quello che ha in mente. "I.N.R.I." è un romanzo tutto sommato breve, che si legge velocemente e che lascia in bocca un buon sapore che lascia soddisfatti. 
Ridurre tutta la vicenda narrata solamente a quanto scritto in quarta di copertina: a un semplice viaggio nel tempo e a una "sostituzione" (se così vogliamo dire, ma meglio non aggiungere altro per non spoilerare troppo...) di persona, sarebbe alquanto limitativo. "I.N.R.I.", infatti, è prima di tutto un viaggio interiore del protagonista e, al contempo, un viaggio che compie il lettore nel mettersi faccia a faccia con le proprie credenze, i propri miti e ciò che li ha generati. Seppur in maniera molto narrativa Moorcock ci presenta quello che potrebbe quasi essere paragonato a un trattato di psicologia e sociologia delle religioni, spesso smontandole pezzo per pezzo. 
Al di là dei meriti intrinseci del libro, però, bisogna purtroppo tirare un po' le orecchie all'edizione. Sicuramente è opera meritoria l'aver riproposto un libro che si era perso nei meandri delle edizioni e delle case editrici, un po' meno l'aver scelto di non controllare minimamente la traduzione (scelta sicuramente figlia della necessità di risparmiare il più possibile nella realizzazione di questa collana). Diversi errori di congiuntivi e condizionali rallentano a tratti la lettura, mentre certi periodi sembrano del tutto privi di senso. 
Tolti questi intoppi, però, non può che rimanere valido il consiglio iniziare a leggere questo piccolo gioiellino, perchè ne vale sicuramente la pena.

martedì 19 luglio 2011

Edogawa Ranpo - "L'Inferno degli Specchi"


Autore: Edogawa Ranpo
Titolo: "L'Inferno degli Specchi"
Edizione: Mondadori - Urania Collezione n° 99
Anno: 2011

Edogawa Ranpo è un nome d'arte, uno pseudonimo, frutto della traslitterazione del nome Edgar Allan Poe in giapponese. Proprio come lo scrittore americano è noto qui da noi, Ranpo lo è in Giappone, considerato come il padre della letteratura "gialla" nipponica (no, non è una battuta o un gioco di parole).
Secondo i curatori di Urania, poi, il suo nome è sicuramente noto ai bibliofili più incalliti. Noi non stentiamo a crederlo, ma ci poniamo un dubbio.
Visto e considerato che di tutti i racconti presenti in questa antologia, uno, e uno solo, presenta degli elementi vagamente fantastici, mentre tutti gli altri son racconti gialli o thriller, al limite quasi velatamente horror, ci chiediamo: che ci fa su Urania Collezione?
La sua collocazione, a nostro avviso, sarebbe stata decisamente più consona alla collana Il Giallo Mondadori.
Al di là del cappello introduttivo, anche il giudizio sull'opera in sè non può essere del tutto lusinghiero. Tutti i racconti che compongono questa antologia, infatti, risentono dell'età. Al contrario di quelli di Edgar Allan Poe, sembrano invecchiati piuttosto male.
Chiaramente c'è sempre di mezzo anche la differenza di cultura che, forse, potrebbe far meglio inquadrare a un giapponese, rispetto che a noi, il periodo in cui sono stati scritti e fargli valutare con maggiore indulgenza le scelte stilistiche. Il fatto è che lo stile e il ritmo sono lenti, mentre i dialoghi suonano spesso affettati, esagerati, teatrali, per nulla naturali.
Tutti elementi che, sommati alle storie (se non in un paio di casi) piuttosto banali, scontate, non particolarmente avvincenti (almeno dal nostro punto di vista), non permettono un giudizio dell'opera particolarmente elogiativo.
Da leggere per curiosità o documentazione sugli albori della narrativa d'investigazione nel sol levante, ma troppo distante dagli standard contemporanei ed occidentali del genere, per poter essere apprezzato dal lettore occasionale.

venerdì 8 luglio 2011

John Ajvide Lindqvist - "Lasciami Entrare"

Autore: John Ajvide Lindqvist
Titolo: "Lasciami Entrare"
Edizione: Marsilio - Farfalle - I Gialli
Anno: 2006

Capita spesso che successo commerciale di un romanzo e suo effettivo valore letterario, non vadano di pari passo. 
Non è una boutade o un commento snob, è la semplice verità. Storie come quelle di Dan Brown sono nulle dal punto di vista della mera scrittura e piene di errori sotto il profilo della ricerca (storia o scientifica) necessaria per scriverle. Al contrario, a volte, capita di imbattersi in opere come Harry Potter che uniscono in sé l'essere dei bellissimi libri e dei prodotti dal successo planetario. 
Un altro caso, seppur più in piccolo, è questo "Lasciami Entrare". Il successo che questo romanzo ha avuto è pienamente meritato. La scrittura è limpida, scorrevole, per certi versi distante da una certa verbosità e lentezza tipica dei narratori nord-europei. La storia, poi, è un raro e bellissimo esempio di equilibrio tra romanzo di formazione e fiaba genuinamente horror. 
I personaggi di Oskar e di Eli entrano subito nel cuore del lettore, portato ad immedesimarsi in loro, ma anche a porsi molte domande, spesso scomode. Ma sono domande che viene voglia di farsi perchè trascinati in una storia che non fa sconti a nessuno, sia buoni che cattivi. 
E quando si arriva in fondo è con dispiacere che si posa il libro e lo si deve abbandonare, perchè si sarebbe voluto rimanere ancora un po' in sua compagnia.

martedì 14 giugno 2011

Cornell Woolrich - "Se i Morti Potessero Parlare"

Autore: Cornell Woolrich
Titolo: "Se i Morti Potessero Parlare"
Edizione: Mondadori - Il Giallo Mondadori n° 2476
Anno: 1996

Raramente, molto raramente, gli annunci in copertina (firmati da qualche giornale) descrivono un libro per quello che è realmente. La citazione che il Corriere della Sera riserva a questo libro "L'Edgar Allan Poe del XX Secolo", però, si conquista, a mio avviso, un posto tra le più fuori luogo che abbia mai letto. 
Non metto in dubbio le doti generali di Cornell Woolrich, ma di certo questa antologia di racconti non spicca come un capolavoro destinato di passare alla storie. Come tutte le raccolte di storie brevi alcune sono migliori di altre, ma, anche se la qualità generale è buona, si tratta di storie gialle con un'evoluzione piuttosto lineare e ripetitiva. Quale che sia la situazione, più o meno intricata, in cui si trovano i personaggi, si arriva alla conclusione con quello che dovrebbe essere un colpo di scena. Purtroppo il "colpo di scena" non è lo è mai veramente, essendo il più delle volte ampiamente annunciato o prevedibile se solo si legge attentamente. Infine lo stile, anche se si lascia seguire senza fatica, manca del pathos necessario a far trattenere il fiato al lettore nei momenti più drammatici e tesi (che non mancherebbero). 
Insomma una lettura adatta ai fan e a far passare il tempo, ma decisamente lontana da quanto copertina e quarta ("Piccoli orrori quotidiani dall'interprete più inquietante della paura del nostro tempo") promettono all'acquirente che si accostasse a questo volume per puro caso.

martedì 24 maggio 2011

Serge Brussolo - "La Collera delle Tenebre"

Autore: Serge Brussolo
Titolo: "La Collera delle Tenebre"
Edizione: Mondadori - Urania n° 1040
Anno: 1987

Brussolo è, giustamente, considerato uno dei più brillanti autori di fantascienza francese della sua generazione. Le sue trame sono generalmente contraddistinte da fuochi di fila di trovate e questo "La Collera delle Tenebre" non fa eccezione. 
I lati positivi di questo romanzo, però, son anche i suoi stessi limiti. Se da una parte si prova meraviglia e stupore di fronte alle continue novità che l'autore pone di fronte al lettore, dall'altra vi è spesso una sensazione di totale irrealtà. L'ambientazione, infatti, non è ben caratterizzata fin dall'inizio, ma viene spiegata un pezzo alla volta andandosi a comporre come un puzzle. Il problema è che non sempre i nuovi pezzi sembrano del tutto accordarsi con gli altri. 
Alcuni elementi sembrano più il frutto di sogni del protagonista e non si capisce se siano reali o meno. Quando, poi, questi elementi portano a conseguenze reali, si fatica lo stesso a capire se vi sia una effettiva correlazione tra il fatto e l'elemento scatenante. 
Tutto questo potrebbe, forse, spiegarsi attraverso una precisa scelta dell'autore di far sprofondare il lettore in un diffuso senso di dubbio. Descrivere e far provare ciò che significa essere nella parte del protagonista, che sembrerebbe, a più riprese, non avere tutte le rotelle al posto giusto. 
Purtroppo questo porta con sé anche un senso di instabilità piuttosto fastidioso che, quindi, ostacola, almeno parzialmente, la lettura (pur senza arrivare ai livelli, lì invece gestiti in maniera sublime, di Patrick McGrath).

giovedì 5 maggio 2011

William Tenn - "Gli Uomini nei Muri"

Autore: William Tenn
Titolo: "Gli Uomini nei Muri"
Edizione: Mondadori - Urania n° 730
Anno: 1977

"Gli Uomini nei Muri" è un piccolo classico della fantascienza. 
La situazione non è una assoluta novità: molte storie di narrativa per l'infanzia parlano di piccole creature, a volte simili agli esseri umani, altre completamente diverse, che ci osservano da un punto di vista "alternativo". Lo stesso Gulliver, poi, si è ritrovato a vivere come essere minuscolo in mezzo ai giganti. 
Ciò che colpisce, però, nel romanzo di Tenn, è l'atmosfera di totale caducità che si respira. Anche se spesso corredato di momenti d'avventura che alleggeriscono un po' il ritmo della lettura, questo romanzo è assolutamente terrificante. 
Tenn non è interessato a scrivere un libro improntato al rigore scientifico: i suoi alieni non sono spiegati, così come non si ha praticamente idea di come sia avvenuta la "conquista" del pianeta. Ciò che conta è la situazione attuale. Una situazione in cui l'uomo non è più il padrone della terra. Ormai ridotto a vivere come uno scarafaggio in cunicoli scavati nei muri delle case dei Titani, a rubare il cibo, a evitare trappole molto simili a quelle che noi metteremmo per i topi, totalmente dimentico del suo passato e regredito a un livello semi-tribale in cui la scienza è magia e il passato è diventato una religione. 
Un libro che molti dovrebbero leggere per guadagnare un po' di umiltà e per imparare a vedere le cose sotto un altro punto di vista in cui non siamo più noi quelli che comandano.

domenica 24 aprile 2011

Ray Bradbury - "Molto Dopo Mezzanotte"

Autore: Ray Bradbury
Titolo: "Molto Dopo Mezzanotte"
Edizione: Mondadori - Urania n° 732
Anno: 1977

Antologia tra alti e bassi di Ray Bradbury che con la fantascienza (a discapito della pubblicazione su Urania) ha ben poco a che fare. D'altra parte Bradbury è sempre stato autore main-stream, non legato ad un genere particolare, ma capace e interessato solo ad usare il mezzo più adatto a veicolare il messaggio che si era proposto. Che questo passi attraverso la fantascienza, il giallo, l'horror, etc. poco importa. 
Questa antologia ci mostra, infatti, un Bradbury ecclettico che salta da un genere all'altro con grande semplicità e dimestichezza. Purtroppo, come sempre accade, non tutti i racconti sono sullo stesso livello qualitativo, così ci si trova a leggere da una parte storie che sembrano lasciare un po' il tempo che trovano (come per esempio quella che dà il titolo all'antologia, la cui bellezza si esaurisce nel solo titolo) o piccoli gioiellini di autentica angoscia e cattiveria (come "Storia d'Ottobre). 
Consigliato a chi vuole leggere tutto di Bradbury, di certo non a chi lo deve ancora scoprire, cominciare da qui non sarebbe sicuramente il modo migliore.

venerdì 22 aprile 2011

Mack Reynolds - "La Sindrome della Furia"

Autore: Mack Reynolds
Titolo: "La Sindrome della Furia"
Edizione: Mondadori - Urania n° 859
Anno: 1980

I romanzi di Mack Reynolds presentano, spesso, un sottotesto, neanche troppo velato, di critica alla società. "La Sindrome della Furia", pur non essendo uno dei suoi capolavori, non fa eccezione. 
Il progetto Lagrange, volto alla creazione di alcune "isole", cioè stazioni spaziali abitate e autosufficienti in orbita attorno alla terra, viene da subito descritto come una sorta di utopia resa realtà. 
Il sistema di governo è democraticamente eletto, non mostra segni di corruzione e, anzi, ognuno fa del suo meglio per il benessere di tutti. Tutti sono ricchi, intelligenti, pieni di voglia di fare. Tutti sono sullo stesso piano, senza caste o emarginati di alcun tipo. Non esiste il crimine e l'inquinamento. 
Eppure c'è qualcosa che non va. Reynolds ci mostra questo sistema, apparentemente, perfetto attraverso un detective giunto su uno di questi satelliti per indagare sulla scomparsa di una persona. Un osservatore esterno che potremmo essere noi lettori. 
Il mistero e l'enigma investigativo sono semplici e, quasi, scontati; non è questo, infatti, ciò che importa a Reynolds. Piuttosto lo scrittore è interessato a mostrarci come qualsiasi società ha, al proprio interno, i semi della propria possibile distruzione. Anche un ambiente perfetto come quello di Lagrangia, infatti, soffre di momenti di puro egoismo, che vengono più volte sottolineati. 
Purtroppo il romanzo scade un po' nel finale. Risolto l'enigma che si pone dietro al moltiplicarsi di casi di quella sindrome della furia che dà il titolo al libro, la vicenda si chiude in tutta fretta. Molti degli interrogativi e delle incoerenze che lo scrittore aveva sollevato rimangono in sospeso. Il finale buonista e consolatorio, infatti, dimentica di risollevare i problemi prima esposti (senza necessariamente dargli una risposta, sarebbe bastata una presa di coscienza dei personaggi circa la loro esistenza), come se non fossero mai esistiti, perdendo una occasione importante di lanciare un ultimo messaggio.

giovedì 14 aprile 2011

Terry Pratchett - "Stelle Cadenti"

Autore: Terry Pratchett
Titolo: "Stelle Cadenti"
Edizione: TEA
Anno: 2010

Pratchett, è un dato di fatto, non delude mai. 
"Stelle Cadenti" si trova al di fuori dei più conosciuti filoni narrativi del Mondo Disco. Non c'è Scuotivento, non c'è Morte (se non in brevi apparizioni), non ci sono le streghe e non c'è la guardia cittadina. C'è una storia slegata da tutte le altre che ci mostra come potrebbe nascere (e cosa comporterebbe) il cinema ad Ankh-Morpork. 
Ovviamente Pratchett lo fa da par suo con brio, esilaranti battute british-style, una inventiva non comune e tonnellate di citazioni. Una delle cose più diverti di questo libro è proprio andare a rintracciare le varie citazioni (spesso capovolte: vi dice niente una donna gigante che scala un edificio altissimo stringendo in mano uno scimmione?) cinematografiche che, qui e là, continuano a fare capolino. 
Come dicevo all'inizio: Pratchett non delude mai. Ovviamente non lo fa neanche questa volta e presenta l'ennesimo libro spassoso e brillante. Una lettura perfetta per chi vuole staccare per un po' dalla realtà e divertirsi abbastanza per tornare a guardarla, per brutta che sia, col sorriso sulle labbra.

martedì 5 aprile 2011

Jonathan Carroll - "Il Mare di Legno"

Autore: Jonathan Carroll
Titolo: "Il Mare di Legno"
Edizione: Fazi
Anno: 2004

Terzo e ultimo capitolo della Trilogia di Crane's View, trilogia in realtà accomunata solo dal luogo di alcuni avvenimenti e composta da tre storie indipendenti l'una dall'altra. 
Si era partiti con un giallo tra i più classici, anche se con personaggi, ovviamente, alla Carroll e chiaramente fuori dall'ordinario. Il fantastico aveva fatto capolino solo nel secondo capitolo e soprattutto nello spiazzante finale, capace di capovolgere la prospettiva di tutto il libro. 
In questo terzo e ultimo "Il Mare di Legno" il fantastico è divenuto l'ordinario e tra cani defunti che ricompaiono quando meno ce lo si aspetta, viaggi nel tempo, alieni, piume misteriose, incroci e incontri di se stessi da giovani e da vecchi, non vi è un solo attimo di respiro. 
D'altronde è questo che si chiede a Carroll: mescolare ordinario e straordinario in un modo capace a lui solo. La sua straordinaria bravura nel raccontare il fantastico, l'insolito, l'incredibile, con un tono in grado di far appare tutto come normale, consueto, all'ordine del giorno. Ma anche il suo innato senso di percepire, e far percepire al lettore, i particolari che rendono così vere le sue descrizioni dei personaggi e dei fatti di tutti i giorni. Dopo poche pagine ci si ritrova, volenti o nolenti, catapultati nel mondo che lui ha creato, se ne sentono gli odori, se ne toccano gli oggetti, mai perfetti o lucidati, ma usati, veri, reali. 
"Il Mare di Legno" non fa eccezione e presenta una volta di più al lettore un piccolo gioiello confezionato con abilità sopraffina. Voltata l'ultima pagina è come se un intero piccolo universo si chiudesse e spegnesse. L'unica soluzione è mettere subito mano a un altro libro di Carroll, col dispiacere, però, di non potersene più poter andare a spasso per le strade di Crane's View.

Jonathan Carroll - "Zuppa di Vetro"

Autore: Jonathan Carroll
Titolo: "Zuppa di Vetro"
Edizione: Fazi
Anno: 2008

Secondo capitolo della trilogia (ma sarà poi tale?) iniziata con "Mele Bianche". Tornano i personaggi di Vincent Ettrich, Isabelle Neukor e il loro bambino non ancora nato destinato a sparigliare le carte in tavola alle forze del Caos. 
Come sempre, quando si tratta di Carroll, non tutto è come appare. Una trama che in mano a quasi chiunque altro diventerebbe ben presto piuttosto scontata, già vista e rivista milioni di volte, nelle mani dello scrittore emigrato a Vienna è forse l'occasione per dare il meglio di se. 
Al centro non ci sono battaglie campali, il destino del mondo e dimostrazioni ad effetto di poteri devastanti. Al centro ci sono le emozioni, personaggi a tutto tondo con le loro fragilità e indecisioni, con i loro dubbi e le loro paure. I personaggi di Carroll non trovano mai il coraggio di punto in bianco, ma solo tra mille tentennamenti e cambi d'idea, forse, trovano il coraggio di fare la scelta giusta. 
E' questa la grande capacità di Carroll: riuscire a creare personaggi profondamente umani che, di fronte all'assurdo, al fantastico, all'inimmaginabile, continuano a comportarsi come persone vere e reali. In questa trilogia ci riesce forse meglio che in altri suoi libri perchè il fantastico è anche più fantastico del solito (e già ce ne vuole, quando si ha a che fare con lui) e i personaggi sono tanto veri che è impossibile non finire per amarli per il loro essere tutto tranne che perfetti.

venerdì 25 marzo 2011

Francesco Barbi - "L'Acchiapparatti"

Autore: Francesco Barbi
Titolo: "L'Acchiapparatti"
Edizione: Baldini Castoldi Dalai
Anno: 2010

Dopo averne letto tanto e tanto bene, in giro per la rete, immagino che qualche aspettativa dovessi avercela nell'approcciarmi a questo libro. 
Come sempre, maggiori son le attese e più grandi son le delusioni. Che poi, proprio di delusione non si tratta. Solo che dopo aver sentito decantare le lodi di un libro a destra e a manca, sentirselo presentare come una rivoluzione nel campo del fantasy, un capolavoro della letteratura italiana e forse non solo, ci si rimane male ad aver per le mani un romanzo che è solo "bellino". 
Certamente un po' ha raffreddato il mio entusiasmo anche la scelta (mi pare evidente che fosse tale) di far sbagliare frequentemente i congiuntivi ai personaggi che parlano. Il motivo è semplice: far capire al lettore la diffusa ignoranza. Il problema è che a me, quel "che è" ricorrente, ha dato proprio fastidio rallentandomi, non poco, la lettura, facendomi perdere il ritmo per soffermarmi su quel passaggio che "non mi suonava". 
Ecco, forse l'autore avrebbe dovuto privilegiare un po' di più il gusto della lettura e un po' meno il realismo delle scene. Se avesse scelto di caratterizzare solo qualche personaggio in particolare con un modo di esprimersi grammaticamente scorretto, avrebbe probabilmente ottenuto lo stesso effetto senza penalizzare il lettore. 
Al di là di questa digressione linguistica, il libro scorre bene e presenta dei bei personaggi. Nulla che faccia gridare al miracolo per originalità e/o caratterizzazione (dato che alcuni di essi, come il cacciatore di taglie Gamara, son decisamente stereotipati), ma meritevoli di una laurea in psicologia rispetto a certi altri romanzi fantasy italiani dell'ultimo periodo.
Anche sotto il profilo della trama e dello srotolarsi dell'intreccio, sembra esserci qualcosa che non va. Non è qualcosa che, a mio avviso, si coglie subito, bisogna soffermarcisi sopra un po' a riflettere. Il fatto è che il romanzo inizia concentrandosi su di un personaggio che, a tutta prima, sembrerebbe poter o dover essere il protagonista. Non è che lo si possa definire simpatico, eroico o che abbia qualche altra qualità, anzi, a dirla tutta si fa fatica a parteggiare per lui. Si tratta, però, di una sorta di escluso (per l'aspetto e il carattere) e questo ci fa, implicitamente, pensare che ci sarà un'evoluzione del personaggio. Oltre a questo è anche in copertina e, anche se il titolo è un altro, l'attenzione si focalizza automaticamente su di lui.
In effetti una evoluzione c'è, ma non è proprio quella che ci si aspetterebbe. Soprattutto, questa evoluzione porta il baricentro del libro a spostarsi verso un altro personaggio che sembra divenire il nuovo protagonista suo malgrado. Dico così perchè gli eventi sembrano accadere attorno a lui senza che lui ci metta minimamente mano e, oltretutto, dopo esser parso avulso dalle vicende per tutto il libro in quanto, in pratica, non presente con la testa, nell'epilogo sembra divenire improvvisamente sano di mente, quando non addirittura saggio.
Ecco, questo passaggio in corsa da un protagonista all'altro fa un po' storcere il naso, quasi che lo scrittore fosse partito con delle idee, ma queste, in corso d'opera, gli fossero sfuggite di mano. Può capitare che un romanzo o dei personaggi prendano vita propria e il finale non sia quello inizialmente pensato, ma se succede bisognerebbe avere l'accortezza di rimettere mano a tutto lo scritto in nome della coerenza.
"L'Acchiapparatti", quindi, non è il capolavoro (né di trama, né di scrittura) che molti in rete descrivono, ma, come intrattenimento, funziona tutto sommato bene e riesce a regalare al lettore diverse ore di evasione dalla realtà. Se è questo ciò che cercate in un libro, allora fa per voi. Se, invece, cercate anche altro, allora, forse, vi conviene rivolgervi altrove, ma, almeno in ambito fantasy italiano, son pochi i romanzi che potrebbero fare al caso vostro.

venerdì 25 febbraio 2011

Neil Gaiman - "Il Cimitero Senza Lapidi"

Autore: Neil Gaiman
Titolo: "Il Cimitero Senza Lapidi"
Edizione: Mondadori - Oscar
Anno: 2009

Antologia di racconti (neri, come dice il titolo) firmati da chi, del narrare fiabe del terrore, ha fatto un'arte. Come tutte le antologie, e come l'autore stesso ammette nella bella introduzione che sa di auto-biografia, ci sono alti e bassi, racconti più o meno riusciti. 
Tra i più succosi c'è sicuramente quello che dà il titolo all'antologia: antipasto e anticamera per "Il Figlio del Cimitero", romanzo tutto incentrato sugli stessi personaggi. Diversi altri son interessanti e mostrano come un grande autore abbia sempre le capacità per leggere e rileggere, in maniera nuova e personale, anche le leggende che tutti conosciamo. Immancabile, poi, una piccola sortita in pieno stile humor britannico (in questo caso molto debitrice a Terry Pratchett, tra l'altro carissimo amico di Gaiman). 
Rimane un po' di amaro in bocca, però, per qualche episodio fin troppo evidentemente legato alla cultura anglosassone e, per questo, non del tutto trasparente e comprensibile per il lettore italiano. Le continue e ripetute citazioni che compongono lo scheletro di episodi come "Il Caso dei 24 Merli" o "Istruzioni" (quest'ultimo, poi, una poesia tradotta) vanno quasi completamente perse non riuscendo a far assaporare completamente a chi legge il gioco che vi stà dietro. 
Infine menzione particolare per "Il Prezzo", racconto che dimostra, una volta di più, come i gatti siano gli animali preferiti dagli scrittori.

giovedì 17 febbraio 2011

Valerio Evangelisti - "La Luce di Orione"

Autore: Valerio Evangelisti
Titolo: "La Luce di Orione"
Edizione: Mondadori - Oscar
Anno: 2008

Dopo "Mater Terribilis", che da molti lettori è stato considerato un mezzo passo falso a causa di un Eymerich vittima degli eventi, invece che solito macchiavellico investigatore, l'inquisitore torna a mostrarsi in perfetta forma. 
Il penultimo capitolo della saga è forse uno di quelli maggiormente incentrati sul medioevo. Gli altri piani temporali, che presentano l'interminabile guerra tra Rache ed Euroforce e riportano in auge il personaggio di Frullifer (che avevamo conosciuto in "Nicolas Eymerich, Inquisitore"), sono marginali e molto più corti rispetto al normale, anche se sempre importanti al fine della comprensione di tutta la vicenda. 
Proprio il ritorno di Frullifer dà la sensazione che si stiano un po' "tirando le somme" e che, non in questo, ma nel prossimo, presto si avrà, finalmente, una visione d'insieme della cosmogonia che governa il mondo di Eymerich. 
Sulla storia in particolare, c'è poco da dire, chi conosce e apprezza i romanzi di Valerio Evangelisti troverà, anche qui, pane per i suoi denti. La ricostruzione storica è, come sempre, approfondita e minuziosa, in questo caso, poi, l'Inquisitore si trova al centro di una sorta di disputa teologica che permette, una volta in più, di mostrare quanto l'opera di documentazione sia stata accurata. 
Tra crociate e cieli solcati da fulmini che sembrano vene, giganti sorti dal mare e misteri che attanagliano Costantinopoli, Eymerich vive la sua nona e penultima avventura. Come sempre la bellezza del libro non si ferma alla storia raccontata, ma va oltre, acquisendo profondità e attualità attraverso i diversi livelli di lettura (non solo temporali) di cui i romanzi di Evangelisti sono sempre ricchi. 
Una lettura obbligata per chi vuole giungere degnamente preparato alla fine di questo lungo viaggio in compagnia dell'Inquisitore, ma una lettura consigliata anche agli altri, per guardare con occhi diversi al mondo di oggi.

lunedì 31 gennaio 2011

Preston & Child - "Natura Morta"

Autore: Douglas Preston, Lincoln Child
Titolo: "Natura Morta"
Edizione: RL Libri - Superpocket
Anno: 2005

Quarto capitolo dei romanzi dedicati alle indagini dell'agente speciale Pendergast firmato a 4 mani dall'accoppiata Preston e Child. Come sempre, quando lavorano insieme, gli scrittori americani non deludono, grazie a una storia sempre coinvolgente, capace di tenere il lettore sul filo del rasoio dall'inizio alla fine e con dei personaggi, al solito, ben tratteggiati (Pendergast, come sempre, sugli scudi). 
Una lettura, naturalmente, per nulla impegnativa, che fa passare il tempo piacevolmente e permette di evadere per un po' dalla realtà. Rispetto a molti altri libri dello stesso tenore, però, riesce a mantenersi diverse spanne sopra. 
Si segnala, inoltre, una traduzione migliore rispetto ai precedenti volumi e, soprattutto, la quasi totale assenza di errori grammaticali (congiuntivi e condizionali al posto giusto, al contrario di "Relic": letteralmente falcidiato da simili sviste, sperando siano solo tali) e di editing. Fatti che permettono una lettura decisamente più rilassata e spedita, come si conviene a un buon thriller dal ritmo serrato come questo.

martedì 18 gennaio 2011

Alberto Cola - "Lazarus"

Autore: Alberto Cola
Titolo: "Lazarus"
Edizione: Mondadori - Urania n° 1565
Anno: 2010

Devo ammettere che, a malincuore, ho trovato questo libro piuttosto deludente. Il romanzo che dà il titolo al libro, purtroppo, non è all'altezza della capacità di Cola di saper scrivere. Non nego di aver comprato il volume solo per il nome dell'autore, ma la storia in se risulta, alla fine, da una parte troppo allungata, dall'altra non sufficientemente approfondita per essere considerato un romanzo a pieno titolo. 
Benchè "Lazarus" sia stata, quindi, una delusione (solo parzialmente salvata dal fatto che Cola sa scrivere, e su questo non ci piove), il volume non è da buttare nella sua interezza. I tre racconti che vanno a completarlo, infatti, rialzano la media. E' proprio nei racconti che Cola sembra dare il meglio e, infatti, sia "R.F.C." che "La Porta di Nuvole" sono, nella loro brevità, quasi meglio del romanzo. 
Menzione particolare anche per "L'Imbianchino di Anime" di Daniela Piegai che risulta davvero molto bello e toccante.

martedì 4 gennaio 2011

Umberto Eco - "Il Cimitero di Praga"

Autore: Umberto Eco
Titolo: "Il Cimitero di Praga"
Edizione: Bompiani
Anno: 2010

Forse andrò un po' contro il sentire comune, ma da questo libro mi aspettavo di più. Chiaramente il punto forte del libro è la minuziosa ricostruzione storica e come riesca a far coincidere tutto all'interno della trama, oltre alla eccellente capacità di Eco di passare da uno stile all'altro per riprodurre il periodare e il lessico propri della fine dell'800. 
Cosa c'è quindi che non va? Beh, probabilmente le mie aspettative erano decisamente troppo grandi visto che da più parti l'avevo sentito descrivere come intricatissimo, al punto che sarebbe stato meglio leggerlo muniti di blocco degli appunti. Invece non è stato così, la narrazione è estremamente lineare e, a parte un paio di flashback e flashforward (entrambi all'inizio del libro e poi basta) segue cronologicamente le vicende del protagonista. Nulla di complicato, quindi, così come i personaggi che, pur essendo molti, rimangono facilmente alla mente (quando sono famosi), oppure spariscono tranquillamente nel nulla quando la storia ha finito con loro. Nessuna ricomparsa a sorpresa che costringa a tornare indietro di pagine e pagine per ricordarsi chi sia il novello Carneade, nessuna vicenda misteriosa o irrisolvibile. Tutto è spiegato per filo e per segno, addirittura al limite della noia e sensazione che Eco abbia paura che io, povero lettore ignorante, non capisca tutto per bene. 
Ecco, forse è stata proprio questa mancanza di fiducia da parte dello scrittore e di sfida da parte del libro a lasciarmi maggiormente deluso.