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martedì 5 novembre 2013

Ursula K. LeGuin - "La Leggenda di Earthsea"

Autore: Ursula K. LeGuin
Titolo: "La Leggenda di Earthsea"
Edizione: Narrativa Nord
Anno: 2007

Il ciclo di Earthsea è considerato uno dei grandi capisaldi della letteratura fantasy di ogni tempo. L'autrice stessa, Ursula K. LeGuin, è un vero e proprio nome sacro per la letteratura fantastica, dal fantasy alla fantascienza, essendo riuscita a lasciare il segno in ogni genere in cui si sia cimentata.
Eppure, quando si inizia "Il Mago di Earthsea", primo libro del ciclo, la sensazione è che ci sia qualcosa che non va, che qualcuno si sia sbagliato, che non sia possibile che questa saga sia divenuta così famosa, che sia da tutti considerata un capolavoro. Al di là della lunghezza di ogni capitolo (tutti piuttosto corti, sotto alle duecento pagine l'uno), infatti, è proprio lo stile con cui le vicende di Sparviero (o Ged, a seconda che siate o meno suoi amici) sono narrate a lasciare un po' perplessi. I fatti si susseguono a un ritmo addirittura rutilante, non si ha quasi il tempo di fare la conoscenza di un personaggio, che questo è già parte del passato. Spesso, addirittura, si ha l'impressione che alcune cose vengano lasciate in sospeso, o quantomeno non vengano sufficientemente approfondite, come se l'autrice avesse fretta di raccontare tutto. Come se lo spazio fosse limitato, il tempo ristretto e bisognasse fare di necessità virtù nel far star più cose possibili nel romanzo.
Il risultato è un libro che scorre fin troppo, con tanti avvenimenti, ma, apparentemente, poco spessore.
Si tratta, però, di una sensazione fallace, destinata a cambiare poco a poco che si prosegue nella lettura dei volumi successivi della saga, ciascuno capace di aggiungere uno o più tasselli a un unico grande affresco. Bisogna, però, attendere solo l'ultimo libro, "I Venti di Earthsea", per riuscire ad apprezzare il disegno di questo mondo nella sua interezza.
Sia "Le Tombe di Atuan" che "La Spiaggia Più Lontana", infatti, sembrano romanzi quasi del tutto slegati da quelli che li hanno preceduti. Distanti anni come ambientazione e con situazioni che appaiono a sé stanti, presentano solo qualche lieve accenno agli avvenimenti già trascorsi e non sembrano risentirne più di tanto. Solo "L'Isola del Drago" sembra fin da subito legato a "La Spiaggia Più Lontana", quasi ne fosse un diretto seguito, anche se in realtà prende ben presto una sua strada indipendente, focalizzando inoltre l'attenzione su nuovi personaggi come protagonisti.
Benché l'approfondimento, pressoché assente nel primo, arrivi nei libri successivi, si continua a non avere del tutto la percezione di cosa renda questi libri un tale capolavoro. I difetti, qui e là, infatti, non sembrano mancare: l'approfondimento dei personaggi e della loro psicologia, infatti, a volte è perfino eccessiva, con lunghi soliloqui o interi capitoli quasi didascalici, al limite del noioso. L'unico che sembra presentare un buon equilibrio tra ritmo degli avvenimenti e costruzione dei personaggi è il quarto "L'Isola del Drago", gli altri soffrono di una eccessiva preponderanza dell'uno o dell'altro aspetto.
Certo, gli elementi di originalità non mancano, soprattutto se si pensa a quando i romanzi son stati scritti: la prevalenza delle acque, il fatto che la stragrande maggioranza dei personaggi siano di pelle nera o quantomeno molto scura (anche se tutte le traduzioni cinematografiche e televisive sembrano dimenticarlo o ignorarlo), i passaggi sul ruolo e la dignità della donna in "L'Isola del Drago", gli accenni neanche troppo velati all'omosessualità in "L'Isola Più Lontana", tutta la filosofia e i concetti su cui si basa la magia di quel mondo, etc. Tutto questo, però, inizialmente non sembra calato in un contesto che possa del tutto giustificare l'appellativo di capolavoro, quasi fossero buone idee slegate tra loro.
Tutto questo cambia nel momento in cui si va a leggere il romanzo conclusivo del ciclo: "I Venti di Earthsea". Non solo ci si rende conto che ogni libro precedente serviva solo a portarti un passo più vicino alla conclusione, quindi non si trattava di vicende scollegate tra loro. Non solo ci si rende conto che l'affresco realizzato dalla LeGuin è molto più complesso di come apparisse inizialmente, questo grazie ai rimandi incrociati, e inizialmente impossibili da cogliere, tra i capitoli della saga. Ma è come se, improvvisamente, tutti i pezzi di un puzzle, che componevano solo un caos inestricabile, in cui si potevano ravvedere solo alcuni, sparuti, assembramenti coerenti al loro interno, prendessero il proprio posto dipingendo un'unico schema, presente fin dall'inizio.
In questo, oltre che nel messaggio vero e proprio che traspare una volta colto schema di fondo e, in particolare, la filosofia del mondo di Earthsea, consiste la vera grandiosità di questa saga. Un ciclo che più che giustamente ricopre un ruolo fondamentale nella storia della letteratura fantasy e che non posso che consigliare a tutti gli appassionati di questo genere. Il mio unico avviso è di non fermarsi al primo o al secondo libro, qual'ora se ne rimanesse un po' delusi, ma di continuare fino in fondo. Solo così si può apprezzare compiutamente quest'opera, evidentemente nata fin da subito come un unicum, con tutti livelli, i messaggi e i passaggi (anche complicati) che contiene.