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venerdì 20 novembre 2015

John Wyndham - "I Figli dell'Invasione"

Autore: John Wyndham
Titolo: "I Figli dell'Invasione"
Edizione: Mondadori - Urania Collezione
Anno: 2012

Ci sono libri che invecchiano bene ed altri che invecchiano male. "I Figli dell'Invasione" appartiene indiscutibilmente alla prima categoria.
I motivi sono principalmente due: come è scritto e i temi che va a toccare.
Wyndham riesce a tenere alta l'attenzione dall'inizio alla fine. Il crescendo del finale, verso un epilogo che è ampiamente annunciato, ma che appare ineluttabile, è assolutamente grandioso e ha i toni della tragedia. Si capisce ben presto cosa accadrà, quale sarà l'unica soluzione possibile, eppure si continua a leggere, avvinti alle pagine, quasi speranzosi che le cose possano andare diversamente. Sono pochi gli autori capaci di lasciar presagire il finale con tanto anticipo, ma al contempo in grado di portare mano nella mano il lettore fino alla parola fine senza lasciargli in bocca il sapore di qualcosa di "scontato".
L'altro grande pregio di questo libro, come si diceva, sono i temi che va a toccare. Temi così ancestrali, così connaturati all'essere umano, da non essere toccati dal passare del tempo.
"I Figli dell'Invasione" va a toccare uno degli imperativi biologici di qualsiasi essere vivente: riprodursi e far proseguire la propria specie. Wyndham fa un bellissimo esempio paragonando la situazione del libro a quella del Cuculo, che depone il proprio uovo nel nido di un altro uccello, così che sia quell'altro a crescere la sua prole, la quale si dimostrerà estremamente aggressiva liberandosi ben presto degli altri pulcini, più deboli di lui. Su questa paura, sul timore che i nostri figli possano essere sostituiti da qualcosa di diverso, di alieno, giunto qui solo per porre fine alla nostra esistenza, l'autore britannico basa tutto il libro. E fa bene, perché è una paura terrificante e al contempo in grado di far presa su chiunque, più che sufficiente per poter reggere tutto l'impianto del romanzo.
Al contempo Wyndham non ci mostra solo le paure per il diverso, ma anche le normalissime reazioni di negazione e, addirittura, di incondizionato amore dei genitori, in particolare delle madri, che non possono fare altro che continuare ad amare il proprio figlio, nonostante tutte le prove contrarie.
L'unica pecca, se proprio se ne vuole trovare una a questo libro, è dovuta al modo di pensare di alcuni personaggi (neanche tutti, a dire il vero), molto british e legata al periodo storico in cui il romanzo è stato scritto. Oggi, infatti, di fronte a un fatto similare, con un numero eccezionale di gravidanze inspiegabili, in molti casi indesiderate e, per finire, con caratteristiche assolutamente strane e peculiari, molte delle donne coinvolte non avrebbero indugiato un solo minuto prima di ricorrere all'aborto. Nella vicenda di Wyndham, invece, questa ipotesi non è contemplata in alcun modo, neanche di sfuggita. Ma non dubitiamo che, anche oggi, vi siano persone che potrebbero seguire questa linea di pensiero. Probabilmente è questo il solo segno del passare del tempo di cui risente quest'opera, ma è un segno che passa decisamente in secondo piano rispetto a tutti gli altri pregi.
Per concludere Wyndham ci consegna un libro che risulta attualissimo ancora oggi, ancora capacissimo di fare presa sulle paure dell'essere umano. A parte qualche ovvia discrepanza tra i modi di fare e pensare attuali e quelli dei personaggi del romanzo, sembrerebbe quasi non fosse passato neanche un solo giorno da quando è stato scritto.
Indubbiamente un capolavoro, non c'è nient'altro da dire.

martedì 17 novembre 2015

Arthur C. Clarke e Frederik Pohl - "L'Ultimo Teorema"

Autore: Arthur C. Clarke
Titolo: "L'Ultimo Teorema"
Edizione: Mondadori - Urania
Anno: 2012

2+2=4.

Lo sappiamo tutti.
Quando agli addendi, però, si sostituiscono i nomi di autori, scrittori, creativi, soprattutto se di grande ingegno, spesso il risultato è superiore alla somma delle parti. A maggior ragione ci si aspetterebbe un grandioso risultato, se a essere coinvolti sono due mostri sacri della fantascienza come Arthur Clarke e Frederik Pohl. Entrambi non hanno certo bisogno di presentazioni e possono a più che buon diritto essere annoverati tra quegli scrittori che hanno fatto la storia (e la fortuna) di questo genere letterario.
Eppure, il risultato della loro somma è stato 3.
"L'Ultimo Teorema" era giustamente atteso dagli appassionati come un appuntamento da non mancare, da non lasciarsi sfuggire. Innanzitutto perché si trattava della prima collaborazione tra questi due grandissimi autori, secondariamente a causa della scomparsa di Clarke e del fatto che questo è stato l'ultimo libro a cui aveva lavorato.
Purtroppo le speranze sono andate ampiamente deluse.
Il romanzo è sicuramente scritto bene e riesce anche a incuriosire e a coinvolgere per lunghi tratti, ma non succede sostanzialmente nulla. Il fatto che la vicenda non presenti un vero e proprio sviluppo inizio-svolgimento-fine, ma sia solo uno spaccato della vita dei protagonisti, non è di per sé un male, sono vari gli esempi (in letteratura, fumetti, cinema) di opere meritevoli che ruotano attorno allo slice-of-life. Il vero problema è che il libro è infarcito di situazioni e idee che sarebbero potenzialmente interessanti, ma rimangono tutte appena fuori dal punto di vista della narrazione, come se fossero colte solo con la coda dell'occhio e siano destinate a rimanere per sempre fuori fuoco.
Tutte le vicende ci vengono raccontate da personaggi che non sono mai al centro dell'azione, ma anche in questo caso non si tratta necessariamente di un male. Il fatto è che come non ci viene mai fatto un quadro completo di quello che succede nelle stanze del potere (che poteva essere una linea narrativa), allo stesso modo non ci viene neanche mostrato come una "persona qualunque" potrebbe vivere quei momenti. Il risultato è un libro che non è né carne né pesce, non riesce mai a decidersi ad andare con decisione da una parte o dall'altra e finisce per rimanere in un limbo di ignavia che ne fa precipitare la resa finale.
Ignoriamo, infine, se il finale sia tale perché deciso insieme dai due autori o se risulti in qualche modo monco a causa della dipartita di Clarke e riaggiustato alla bell'e meglio da Pohl, ma è decisamente del tutto insoddisfacente.
Insomma, questo incontro tra due dei più brillanti autori della SF avrebbe potuto essere il miglior testamento possibile per Clarke, che ci avrebbe lasciato un capolavoro (l'ennesimo) come sua ultima opera. Purtroppo si tratta di un romanzo a tratti raffazzonato, piuttosto inconcludente, che sembra non avere le idee chiare di dove voglia andare e di cosa voglia dire.
Un vero peccato.