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martedì 17 novembre 2015

Arthur C. Clarke e Frederik Pohl - "L'Ultimo Teorema"

Autore: Arthur C. Clarke
Titolo: "L'Ultimo Teorema"
Edizione: Mondadori - Urania
Anno: 2012

2+2=4.

Lo sappiamo tutti.
Quando agli addendi, però, si sostituiscono i nomi di autori, scrittori, creativi, soprattutto se di grande ingegno, spesso il risultato è superiore alla somma delle parti. A maggior ragione ci si aspetterebbe un grandioso risultato, se a essere coinvolti sono due mostri sacri della fantascienza come Arthur Clarke e Frederik Pohl. Entrambi non hanno certo bisogno di presentazioni e possono a più che buon diritto essere annoverati tra quegli scrittori che hanno fatto la storia (e la fortuna) di questo genere letterario.
Eppure, il risultato della loro somma è stato 3.
"L'Ultimo Teorema" era giustamente atteso dagli appassionati come un appuntamento da non mancare, da non lasciarsi sfuggire. Innanzitutto perché si trattava della prima collaborazione tra questi due grandissimi autori, secondariamente a causa della scomparsa di Clarke e del fatto che questo è stato l'ultimo libro a cui aveva lavorato.
Purtroppo le speranze sono andate ampiamente deluse.
Il romanzo è sicuramente scritto bene e riesce anche a incuriosire e a coinvolgere per lunghi tratti, ma non succede sostanzialmente nulla. Il fatto che la vicenda non presenti un vero e proprio sviluppo inizio-svolgimento-fine, ma sia solo uno spaccato della vita dei protagonisti, non è di per sé un male, sono vari gli esempi (in letteratura, fumetti, cinema) di opere meritevoli che ruotano attorno allo slice-of-life. Il vero problema è che il libro è infarcito di situazioni e idee che sarebbero potenzialmente interessanti, ma rimangono tutte appena fuori dal punto di vista della narrazione, come se fossero colte solo con la coda dell'occhio e siano destinate a rimanere per sempre fuori fuoco.
Tutte le vicende ci vengono raccontate da personaggi che non sono mai al centro dell'azione, ma anche in questo caso non si tratta necessariamente di un male. Il fatto è che come non ci viene mai fatto un quadro completo di quello che succede nelle stanze del potere (che poteva essere una linea narrativa), allo stesso modo non ci viene neanche mostrato come una "persona qualunque" potrebbe vivere quei momenti. Il risultato è un libro che non è né carne né pesce, non riesce mai a decidersi ad andare con decisione da una parte o dall'altra e finisce per rimanere in un limbo di ignavia che ne fa precipitare la resa finale.
Ignoriamo, infine, se il finale sia tale perché deciso insieme dai due autori o se risulti in qualche modo monco a causa della dipartita di Clarke e riaggiustato alla bell'e meglio da Pohl, ma è decisamente del tutto insoddisfacente.
Insomma, questo incontro tra due dei più brillanti autori della SF avrebbe potuto essere il miglior testamento possibile per Clarke, che ci avrebbe lasciato un capolavoro (l'ennesimo) come sua ultima opera. Purtroppo si tratta di un romanzo a tratti raffazzonato, piuttosto inconcludente, che sembra non avere le idee chiare di dove voglia andare e di cosa voglia dire.
Un vero peccato.

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