Autore: Roberto Costantini
Titolo: "Alle Radici del Male"
Edizione: Marsilio - Farfalle - I Gialli
Anno: 2012
Dopo "Tu Sei il Male", Costantini torna ad occuparsi delle vicende del
commissario Balistreri con il secondo capitolo della trilogia,
intitolato "Alle Radici del Male".
Ed è proprio dalle radici, nel
passato dello stesso Balistreri, che il romanzo parte per introdurci in
questa nuova indagine. Come sempre la scrittura è scorrevole, forse
anche più che nel primo capitolo della saga. Per riuscirci, Costantini rinuncia a
qualche preziosismo nello stile, sfruttando più di frequente
similitudini ed espressioni colloquiali, invece di ricercare qualche
metafora più originale e interessante. L'obiettivo, in ogni caso, è
perfettamente centrato e riesce a coinvolgere il lettore anche con
vicende che poco o nulla hanno di giallo, così ci troviamo a
correre, pagina dopo pagina, seguendo le vicende di un giovane
Balistreri nella Libia coloniale. Il suo rapporto conflittuale con il padre, l'infinita stima
nei confronti della madre, la poca voglia di studiare e l'amicizia che
lo lega agli altri ragazzi con cui fonderà la Mank, indipendentemente da
colore della pelle ed estrazione sociale.
E' un Balistreri simile
eppure diverso da quello che avevano imparato a conoscere in "Tu Sei il
Male". E' spavaldo, spesso incosciente del pericolo come il Balistreri
dell'82, ma ha anche dei principi e degli ideali (seppur non sempre
condivisibili, anzi!), cosa ben diversa dal disincantato nichilista che
sarebbe divenuto in seguito.
Come nel primo terzo della trilogia,
anche "Alle Radici del Male" presenta una sorta di suddivisione in due. A
una prima parte ambientata in Libia alla fine degli anni '60 (indubbiamente la migliore e più riuscita per la ricostruzione storica e la scorrevolezza della trama), ne fa
seguito una seconda che è il diretto proseguo delle vicende dell'82
narrate nella prima parte di "Tu Sei il Male". In questo modo i due
romanzi si intersecano raccontando pezzi di un'unica storia: quella di
Balistreri, la sua evoluzione, la sua maturazione, la sua crescita
interiore.
Proprio il personaggio di Balistreri è uno degli
elementi che riescono a far spiccare il romanzo di Costantini dalla
massa. Al di là delle indagini e dell'intreccio (in entrambi i libri con
alcuni passaggi decisamente un po' forzati nella seconda metà, al fine di far quadrare il tutto), oltre allo stile molto pulito e
scorrevole di Costantini, è proprio la crescita del protagonista a
rendere interessante la lettura. La stessa persona, in periodi diversi
della sua vita, sembra quasi personaggi diversi, con umori, idee,
reazioni, quasi agli antipodi. Certamente uno dei meriti dell'autore è
proprio quello di riuscire a caratterizzare Balistreri tanto bene. Così
bene che, anche quando si dimostra uno stronzo fatto e finito (e vi
assicuriamo che più si va avanti, peggio cose si scoprono su di lui e su ciò che è capace di fare, perchè, come si suol dire "il lupo perde il pelo, ma non vizio"), si fa fatica
a staccarsi dalla pagina.
Non tutto, naturalmente, sulla storia e
il passato del commissario è già stato narrato, per cui rimane
abbondante materiale per il terzo volume, che chiaramente siam molto
curiosi di leggere.
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