Autore: Dan Simmons
Titolo: "Il Risveglio di Endymion"
Edizione: Fanucci
Anno: 2011
Dopo il mezzo passo falso di "Endymion", Dan Simmons cerca di riportarsi
in carreggiata con il romanzo che chiude definitivamente il ciclo dei
"Canti di Hyperion".
Diciamo subito che "Il Risveglio di Endymion"
non è un libro facile, anche per via della sua lunghezza, ma soprattutto
a causa dei suoi pregi e dei suoi difetti.
La scrittura è corposa,
a tratti aulica, i concetti espressi si fanno di volta in volta più
complicati e filosofici. Non è un caso, infatti, se molti danno anche
l'etichetta Religione e Filosofia a "Il Risveglio di Endymion", per quanto si tratti di una evidente esagerazione.
La storia e la struttura stessa della narrazione, con tanti, tantissimi
riferimenti al primo volume del ciclo e ai personaggi lì presenti, in
alcuni momenti rende un po' ostico andare avanti e si è costretti a
fermarsi un attimo a pensare e a frugare nella memoria. Senza una
legenda di nomi o qualcosa di simile, a volte è un po' difficile
ricordare chi fosse il tal personaggio e cosa avesse fatto (soprattutto
se "Hyperion" lo si era letto anni e anni fa, magari ancora in edizione
Mondadori).
Nonostante (o forse proprio per merito di) questi
ostacoli, che sono naturalmente tra i pregi di questa opera, la lettura
scorre e riesce a farsi seguire. Questo anche perchè la quantità di
fatti e situazioni raccontate è enorme. Sicuramente è maggiore e più
intricata di quel lineare e lungo viaggio, a tratti degno di un romanzo
di space opera di medio livello, a cui si era ridotto il precedente
"Endymion". No, qui si riprende invece lo stile che aveva
contraddistinto "La Caduta di Hyperion", con tanti personaggi, ciascuno
in punti nevralgici dell'universo, a diretto contatto con i centri del
potere e le decisioni che contano.
E' evidente l'impegno di Simmons
nel creare una sorta di dicotomia, di dualità: così come "Endymion"
dovrebbe riprendere "Hyperion" per il tema del viaggio (seppur con
risultati decisamente diversi), così "Il Risveglio di Endymion" dovrebbe
riprendere "La Caduta di Hyperion" per stile e metodi narrativi.
Se l'intreccio narrativo dunque funziona, sono altre le pecche di questo
romanzo, sia dal punto di vista concettuale che di mera scrittura.
Quella che, infatti, era nata come una grandiosa saga di fantascienza,
basata su viaggi nel tempo e nello spazio, guerre, intelligenze
artificiali e mille altre cose, qui diviene a tratti una vicenda
religioso/messianica. Alcuni dei concetti alla base dei primi libri,
come la libertà di scelta, l'accettazione (e la bellezza) della
diversità delle forme di vita umana (anche e soprattutto là dove si
evolve in qualcosa di apparentemente alieno), sono mantenuti. Ma Simmons
ogni tot di pagine ci tiene a sottolineare come alcune cose dette dei
primi 2 libri fossero menzogne o semplificazioni materiali e a
sostituire fatti e concetti scientifici con rivelazioni filosofiche.
Ogni idea meta-scientifica viene svilita e definita come la visione miope e terra-terra di qualcosa di incomprensibile e metafisico. Un modo di fare ripetuto tanto spesso da far ben presto pensare al lettore a un cambio di rotta
in corso d'opera (che neanche noi escludiamo). Per quanto, dunque, la
storia si lasci seguire e riesca anche ad appassionare e a coinvolgere,
ci sembra quindi un po' riduttivo, semplicistico e (diciamolo)
opportunistico, riportare tutta la vicenda solo alla figura messianica
di Aenea (per quanto lei continui a dire di NON essere un messia).
La tecnologia viene superata (e ridicolizzata), dalla fede e dalla
religione che permettono gesti e azioni ben più grandi e incredibili.
Addirittura viene demonizzata, perchè descritta come qualcosa di
distruttivo e innaturale. Mentre motore di tutto, fin dall'inizio del
primo libro, alla fine si rivela essere la vita, con la V maiuscola,
entità metafisica e metadimensionale che tutto muove e tutto dirige per i
suoi scopi, come una sorta di grande architetto.
Dall'altra parte,
inoltre, vi sono alti e bassi anche a livello di scrittura. Simmons
passa, senza soluzione di continuità, da momenti frenetici, in cui fa
succede mille cose in contemporanea, ad altri in cui si prende 50/100
pagine di vacanza. Ad esempio descrizioni, similitudini e
metafore riguardo a TUTTE le catene montuose di un pianeta e a TUTTE le
sue formazioni nuvolose, che sembrano puri e semplici esercizi di stile
fini a se stessi.
Per concludere, tirando le fila non solo de "Il
Risveglio di Endymion", ma di tutto il ciclo, il mio consiglio non può
che essere di leggerlo. Si tratta di un consiglio che sembra andare
contro al tono di questa recensione, è vero. Molto semplicemente questi
quattro libri insieme sono, effettivamente, una grande opera che
qualsiasi appassionati di SF dovrebbe leggere.
Non si può, però,
neanche negare che, iniziato benissimo con un capolavoro che trascende
le etichette di genere e proseguito con un grandissimo libro di
fantascienza, il ciclo abbia poi avuto un tonfo con il terzo e si sia
poi solo un po' rialzato con l'ultimo capitolo, pur senza tornare ai
fasti dell'inizio e, soprattutto, prendendo una strada che sembra
tradire l'idea originale. Avvisati di questo, quindi, si potrebbe
riuscire a leggere gli ultimi due volumi nella giusta ottica e, magari,
anche apprezzarli maggiormente.
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