Autore: Neil Gaiman
Titolo: "Il Figlio del Cimitero"
Edizione: Mondadori - Oscar
Anno: 2010
"Il Figlio del Cimitero" nasce come ampliamento di un racconto che
Gaiman aveva già scritto e inserito nell'antologia "Il Cimitero senza
Lapidi". Lo stesso Neil aveva presentato, durante una conferenza, la
vicenda come una sorta di sua versione de "Il Libro della Giungla".
Nell'opera di Kipling un neonato viene trovato dai lupi, adottato e
allevato, impara dunque a vivere come gli animali e a fare le cose che
fanno loro. Ma se un neonato venisse trovato dai morti, cosa
succederebbe? La risposta di Gaiman è piuttosto semplice: "ovviamente
imparerebbe a fare le cose che fanno i morti".
Un simile
presupposto è, dunque, piuttosto curioso e interessante,
sufficientemente folle per attirare la curiosità. Se a questo
aggiungiamo la fama dell'autore, il gioco è fatto e la lettura diviene
obbligata.
Il primo capitolo ci catapulta direttamente in medias res,
con un bambino piccolo che sfugge, più per caso che altro, al massacro
della sua famiglia. In realtà alcuni accenni ci fanno capire che era
proprio lui il bersaglio del killer, ma la fortuna vuole che le sue
piccole gambine lo portito fino al cimitero. Lì viene salvato e adottato
da alcuni fantasmi, che gli danno nome Nobody Owens, per gli amici Bod.
La scrittura di Gaiman intriga fin da subito, con quel suo modo di
raccontare con piccoli accenni e dettagli al limite del macabro, che
fan capire senza esplicitare. Subito capiamo che vi è dietro qualcosa di
grosso, ma il mistero, ovviamente, sarà svelato solo alla fine.
Nel frattempo la narrazione prosegue con capitoli che appaiono slegati
l'uno dall'altro. L'autore vuole darci una panoramica della vita e della
crescita di Bod, così ogni fase, ogni età, è contraddistinta da una
vicenda, un racconto, apparentemente slegato dal resto.
Apparentemente, dicevamo, perchè, in realtà, alla fine molti fili lasciati in giro
per il libro verranno tirati per condurre alla conclusione e allo
svelamento del mistero che aleggia sulla testa del protagonista.
Purtroppo, mentre si legge, la sensazione di essere di fronte a racconti
staccati tra loro è molto forte. Contribuisce a questo anche Bod stesso
che, col passare degli anni, cambia, come cambierebbe qualsiasi bambino
mentre cresce. Proprio la bravura di Gaiman nel caratterizzare il
personaggio è anche un po' il tallone d'Achille del romanzo, che risulta
piuttosto slegato e lascia trasparire una sensazione di discontinuità.
Il finale, come si diceva, tira le somme e ci mostra come tutte le
vicende fossero collegate e funzionali. A livello logico, quindi, si
riesce ad apprezzare il lavoro di Gaiman nel suo complesso. A livello
emotivo, invece, resta una punta di amarezza che non viene del tutto
spazzata via.
Forse, la colpa, è anche della chiusura del libro. Le
ultime pagine, infatti, sono di speranza e di apertura alla vita e al
mondo, ma anche molto tristi. Ogni scelta porta con sé delle rinunce e
per ogni porta nuova che si apre di fronte a noi, se ne deve
chiudere una dietro.
Probabilmente con un finale meno educativo (perchè, in fondo, questo vuole: insegnarci qualcosa) e più consolatorio, "Il
Figlio del Cimitero" sarebbe stato più apprezzabile anche di pancia, ma di certo avrebbe anche perso qualcosa.
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