Autore: Arthur C. Clarke
Titolo: "Incontro con Rama"
Edizione: Mondadori - Urania Collezione n° 112
Anno: 2012
Leggendo "Incontro con Rama" è facile capire per quale motivo sia stato
considerato, quasi fin da subito, come uno dei capolavori della
fantascienza. Quantomeno di quella fantascienza che va sotto il nome di
"Hard Science-Fiction".
Clark, infatti, non si impegna, con questo
romanzo, a raccontare una storia. Non abbiamo una struttura che possa
essere del tutto inscatolata nel classico progredire di
inizio-svolgimento-fine. Quello a cui assistiamo è, semmai, uno spaccato
di vita. Una sequenza di eventi in un determinato periodo di tempo.
Eccezionali, avventurosi anche, ma apparentemente limitati a quel
frangente che andiamo ad osservare.
Il motivo di questa
precisazione è semplice ed è da ricercare in ciò che il lettore, di
solito, si aspetta da un libro. Chi si aspettasse una qualche saga, con
tanto di protagonisti prescelti per un qualche motivo o un finale che
spiegasse, facesse rivelazioni o si svelasse in un colpo di scena,
andrebbe del tutto deluso. Non è questo, infatti, l'obiettivo che Clark
si è posto con "Incontro con Rama" e questo deve essere ben chiaro prima
di prendere il mano il romanzo.
Ciò che l'autore voleva fare, e ci
è riuscito benissimo, era raccontare nel modo più dettagliato e
realistico possibile quello che sarebbe potuto essere l'incontro con un
manufatto di origine aliena. I protagonisti, quindi, non sono eroi o
prescelti, ma professionisti, persone normali, scelti solo perchè, per
puro caso, son i più vicini all'oggetto da osservare. E tutto il libro
è, sostanzialmente, l'osservazione, la descrizione, di ciò che nessun
essere umano aveva mai visto prima, con tutto il suo bagaglio di paure e
meraviglie. Ma è anche, soprattutto, una ricostruzione minuziosa delle
forze, delle situazioni, delle architetture, dei materiali e delle
reazioni che avvengono nello spazio e all'interno di Rama, svolta in
maniera assolutamente plausibile. La narrazione, inoltre, non risente
minimamente di questo sforzo, perchè risulta sempre scorrevole e a
tratti addirittura incalzante nel suo raccontare le avventure,
invenzioni e disavventure del gruppo di astronauti.
Proprio in questo sta la grandezza di "Incontro con Rama" e, da un certo punto di vista, anche il suo limite.
Se, infatti, Clarke centra perfettamente il suo obiettivo di scrivere
un romanzo ambientato nello spazio rispettando appieno, e spiegando in
maniera semplice e appassionante, la fisica di ogni situazione
(risultando tanto perfetto da, pare, ispirare il programma di
osservazione dello spazio proprio con questo libro), dall'altra parte
manca un elemento che ha fatto grande la fantascienza. Da sempre la SF è
stata spesso usata come allegoria del presente, come metafora per
raccontare qualcosa del momento in cui il racconto o il romanzo veniva
scritto. Il più delle volte era un mezzo per lanciare un messaggio, per
mostrare le cose da un altro punto di vista o per muovere una critica.
In "Incontro con Rama" tutto ciò è assente: l'indagine di questo mondo
alieno è fine a sé stessa e non porta con sé neanche spiegazioni o
rivelazioni, proprio perchè essendo alieno si affida a logiche e
motivazioni lontane da noi e l'uomo non può sperare di poterlo
comprendere appieno.
Questo libro di Clark, dunque, risulta
pressochè perfetto sotto il profilo tecnico e narrativo, perchè colpisce
in pieno gli obbiettivi che lo scrittore si era prefissato. Una vera e
propria pietra miliare e una lettura obbligata nell'ambito dell'hard
science-fiction, con cui tutti gli autori che volessero cimentarsi in
questo genere devono confrontarsi ancora oggi. Ciò che gli manca è solo
un po' di analisi sociale, di approfondimento dell'animo umano, che
avrebbero potuto renderlo un capolavoro assoluto della fantascienza, al
di là delle categorie e dei sottogeneri.
recensioni a mente libera di libri, fumetti, manga, graphic novel e, perchè no, magari anche qualche film e telefilm...
Avvertenze
- - - - - - - LE RECENSIONI POSSONO CONTENERE SPOILER!!! - - - - - - -
giovedì 26 settembre 2013
lunedì 16 settembre 2013
Roberto Costantini - "Alle Radici del Male"
Autore: Roberto Costantini
Titolo: "Alle Radici del Male"
Edizione: Marsilio - Farfalle - I Gialli
Anno: 2012
Dopo "Tu Sei il Male", Costantini torna ad occuparsi delle vicende del commissario Balistreri con il secondo capitolo della trilogia, intitolato "Alle Radici del Male".
Ed è proprio dalle radici, nel passato dello stesso Balistreri, che il romanzo parte per introdurci in questa nuova indagine. Come sempre la scrittura è scorrevole, forse anche più che nel primo capitolo della saga. Per riuscirci, Costantini rinuncia a qualche preziosismo nello stile, sfruttando più di frequente similitudini ed espressioni colloquiali, invece di ricercare qualche metafora più originale e interessante. L'obiettivo, in ogni caso, è perfettamente centrato e riesce a coinvolgere il lettore anche con vicende che poco o nulla hanno di giallo, così ci troviamo a correre, pagina dopo pagina, seguendo le vicende di un giovane Balistreri nella Libia coloniale. Il suo rapporto conflittuale con il padre, l'infinita stima nei confronti della madre, la poca voglia di studiare e l'amicizia che lo lega agli altri ragazzi con cui fonderà la Mank, indipendentemente da colore della pelle ed estrazione sociale.
E' un Balistreri simile eppure diverso da quello che avevano imparato a conoscere in "Tu Sei il Male". E' spavaldo, spesso incosciente del pericolo come il Balistreri dell'82, ma ha anche dei principi e degli ideali (seppur non sempre condivisibili, anzi!), cosa ben diversa dal disincantato nichilista che sarebbe divenuto in seguito.
Come nel primo terzo della trilogia, anche "Alle Radici del Male" presenta una sorta di suddivisione in due. A una prima parte ambientata in Libia alla fine degli anni '60 (indubbiamente la migliore e più riuscita per la ricostruzione storica e la scorrevolezza della trama), ne fa seguito una seconda che è il diretto proseguo delle vicende dell'82 narrate nella prima parte di "Tu Sei il Male". In questo modo i due romanzi si intersecano raccontando pezzi di un'unica storia: quella di Balistreri, la sua evoluzione, la sua maturazione, la sua crescita interiore.
Proprio il personaggio di Balistreri è uno degli elementi che riescono a far spiccare il romanzo di Costantini dalla massa. Al di là delle indagini e dell'intreccio (in entrambi i libri con alcuni passaggi decisamente un po' forzati nella seconda metà, al fine di far quadrare il tutto), oltre allo stile molto pulito e scorrevole di Costantini, è proprio la crescita del protagonista a rendere interessante la lettura. La stessa persona, in periodi diversi della sua vita, sembra quasi personaggi diversi, con umori, idee, reazioni, quasi agli antipodi. Certamente uno dei meriti dell'autore è proprio quello di riuscire a caratterizzare Balistreri tanto bene. Così bene che, anche quando si dimostra uno stronzo fatto e finito (e vi assicuriamo che più si va avanti, peggio cose si scoprono su di lui e su ciò che è capace di fare, perchè, come si suol dire "il lupo perde il pelo, ma non vizio"), si fa fatica a staccarsi dalla pagina.
Non tutto, naturalmente, sulla storia e il passato del commissario è già stato narrato, per cui rimane abbondante materiale per il terzo volume, che chiaramente siam molto curiosi di leggere.
Titolo: "Alle Radici del Male"
Edizione: Marsilio - Farfalle - I Gialli
Anno: 2012
Dopo "Tu Sei il Male", Costantini torna ad occuparsi delle vicende del commissario Balistreri con il secondo capitolo della trilogia, intitolato "Alle Radici del Male".
Ed è proprio dalle radici, nel passato dello stesso Balistreri, che il romanzo parte per introdurci in questa nuova indagine. Come sempre la scrittura è scorrevole, forse anche più che nel primo capitolo della saga. Per riuscirci, Costantini rinuncia a qualche preziosismo nello stile, sfruttando più di frequente similitudini ed espressioni colloquiali, invece di ricercare qualche metafora più originale e interessante. L'obiettivo, in ogni caso, è perfettamente centrato e riesce a coinvolgere il lettore anche con vicende che poco o nulla hanno di giallo, così ci troviamo a correre, pagina dopo pagina, seguendo le vicende di un giovane Balistreri nella Libia coloniale. Il suo rapporto conflittuale con il padre, l'infinita stima nei confronti della madre, la poca voglia di studiare e l'amicizia che lo lega agli altri ragazzi con cui fonderà la Mank, indipendentemente da colore della pelle ed estrazione sociale.
E' un Balistreri simile eppure diverso da quello che avevano imparato a conoscere in "Tu Sei il Male". E' spavaldo, spesso incosciente del pericolo come il Balistreri dell'82, ma ha anche dei principi e degli ideali (seppur non sempre condivisibili, anzi!), cosa ben diversa dal disincantato nichilista che sarebbe divenuto in seguito.
Come nel primo terzo della trilogia, anche "Alle Radici del Male" presenta una sorta di suddivisione in due. A una prima parte ambientata in Libia alla fine degli anni '60 (indubbiamente la migliore e più riuscita per la ricostruzione storica e la scorrevolezza della trama), ne fa seguito una seconda che è il diretto proseguo delle vicende dell'82 narrate nella prima parte di "Tu Sei il Male". In questo modo i due romanzi si intersecano raccontando pezzi di un'unica storia: quella di Balistreri, la sua evoluzione, la sua maturazione, la sua crescita interiore.
Proprio il personaggio di Balistreri è uno degli elementi che riescono a far spiccare il romanzo di Costantini dalla massa. Al di là delle indagini e dell'intreccio (in entrambi i libri con alcuni passaggi decisamente un po' forzati nella seconda metà, al fine di far quadrare il tutto), oltre allo stile molto pulito e scorrevole di Costantini, è proprio la crescita del protagonista a rendere interessante la lettura. La stessa persona, in periodi diversi della sua vita, sembra quasi personaggi diversi, con umori, idee, reazioni, quasi agli antipodi. Certamente uno dei meriti dell'autore è proprio quello di riuscire a caratterizzare Balistreri tanto bene. Così bene che, anche quando si dimostra uno stronzo fatto e finito (e vi assicuriamo che più si va avanti, peggio cose si scoprono su di lui e su ciò che è capace di fare, perchè, come si suol dire "il lupo perde il pelo, ma non vizio"), si fa fatica a staccarsi dalla pagina.
Non tutto, naturalmente, sulla storia e il passato del commissario è già stato narrato, per cui rimane abbondante materiale per il terzo volume, che chiaramente siam molto curiosi di leggere.
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