Autore: Valerio Evangelisti
Titolo: "Il Sole dell'Avvenire"
Edizione: Mondadori - Strade Blu
Anno: 2013
Valerio Evangelisti è considerato lo scrittore di
fantascienza più importante d’Italia, soprattutto grazie al suo ciclo
dell’Inquisitore Eymerich. Ma l’autore bolognese, nella sua carriera, non si è
confrontato solo con la fantascienza o il fantastico in generale. Tra i suoi
libri troviamo il western di “Antracite”, l’avventura del suo ciclo dei pirati,
ma anche il vero e proprio romanzo storico. Storie che usano, quando serve,
personaggi inventati, ma profondamente ancorate nella realtà, in grado di far
appassionare il lettore alle vicende narrate e, al contempo, di mostrargli uno
spaccato del passato, di mettere in luce dinamiche sociali e politiche che, in
molti casi, hanno contribuito a creare il mondo in cui viviamo oggi.
Romanzi come “Noi Saremo Tutto” e “One Big Union”, sui
sindacati negli Stati Uniti, o “Il Collare di Fuoco” e “Il Collare Spezzato”,
sui rapporti tra il Messico e gli Stati Uniti, non sono solo opere di narrativa
entrate nel cuore di migliaia di lettori, ma libri che andrebbero fatti leggere
nelle scuole.
Da poco ce n’è un altro destinato a entrare nel gruppo.
“Il Sole dell’Avvenire”, ultimo nato e primo di una
trilogia, lascia da parte le vicende d’oltreoceano e si concentra sui fatti di
casa nostra. Protagonisti sono, infatti, i braccianti, i contadini e i mezzadri
romagnoli alla fine del 1800. Un vero e proprio romanzo generazionale,
protagonista una famiglia che attraverserà, purtroppo non indenne, quegli anni,
permettendoci uno scorcio della vita a quel tempo e di farci rendere conto che,
certe cose, sembrano non cambiare mai.
Fin dalle prime pagine facciamo la conoscenza di Attilio
Verardi, un uomo semplice, che si arrangia come può tra mille piccoli lavoretti
occasionali o stagionali, ma con una incrollabile fede garibaldina. È
innamorato di Rosa, ricambiato, ma osteggiato dalla famiglia di lei, mezzadri
certamente non ricchi, ma che considerano coloro che si trovano sotto di loro
nella scala sociale come dei disgraziati e degli scansafatiche, quasi fosse una
loro scelta quella di vivere nella povertà.
Nonostante tutte queste differenze, i due riusciranno a
sposarsi, ma non sarà che l’inizio di una serie, apparentemente infinita, di
sciagure, di ingiustizie e di sofferenze, per loro e i loro famigliari.
“Il Sole dell’Avvenire” si differenzia rispetto ad alcuni
libri del recente passato di Evangelisti anche per la scelta dei protagonisti.
Nel ciclo dei pirati, ma anche in “Noi Saremo Tutto” o “One Big Union”,
l’autore bolognese era stato costretto a scegliere dei protagonisti che fossero
dei doppiogiochisti, dei traditori, delle spie. Personaggi, dunque, in cui era
difficile immedesimarsi, ma ottimi per poter raccontare ciò che avveniva da
entrambi i lati delle barricate. Per quanto la lettura procedesse spedita e le
vicende fossero appassionanti, sembrava spesso mancare qualcosa, cioè una
qualche forma di empatia nei confronti dei protagonisti, troppo viscidi od
odiosi per poterla ispirare. Nel caso de “Il Sole dell’Avvenire”, invece, fin
dalle prime pagine veniamo catturati dall’estrema umanità dei protagonisti,
personaggi a tutto tondo, ma anche positivi, buoni, vessati da troppe sfortune
per le loro fragili spalle e che sembrano dover crollare da un istante
all’altro. Non si può non provare un immediato trasporto per Attilio, per Rosa,
per il loro figlio Canzio, ma questo porta con sé un inconveniente di altro
tipo.
Non ho, infatti, problemi ad ammettere di averci messo molto
più del solito per completare la lettura di questo libro, rispetto ai miei
standard. Il motivo è semplice: nonostante la bellezza del romanzo, delle
ricostruzioni, dei personaggi (o forse proprio per quello), a volte mi era
insopportabile l’idea di leggere di altre ingiustizie ai danni dei
protagonisti, verso i quali provavo un trasporto non dissimile da persone vere.
Ma i meriti di questa opera di Valerio Evangelisti non si
esauriscono nell’aver creato personaggi che entrano, letteralmente, nel cuore
dei lettori, al contrario. Come sempre lo scrittore bolognese è attento alle
dinamiche sociali e politiche del mondo contemporaneo. Nei suoi libri di
fantascienza ci ha spesso mostrato elucubrazioni su ciò a cui avrebbero
portato, estremizzate, certe scelte, certi movimenti attuali. L’allegoria, che
era critica sociale e politica, tipica dei romanzieri sci-fi di maggiore
spessore come Dick, Heinlein, Sturgeon, etc. Evangelisti la adatta anche ai
romanzi d’avventura e storici. Per chiarirci il suo messaggio lui sceglie di
usare anche il passato, come a volerci dimostrare che alcune cose non sono una novità,
ma solo un riproporsi di ciò che era già avvenuto in passato e che per questo
bisogna essere sempre ben vigili.
Proprio questo fa anche con “Il Sole dell’Avvenire”: i
braccianti, sempre alla ricerca di un lavoro che, purtroppo, è solo stagionale
o a scadenza, altro non sono che i precari di oggi. Lavoratori senza garanzie
per il domani, che si adattano a fare un po’ quello che trovano, spesso
disprezzati perfino da quei lavoratori che han qualche diritto in più, troppo
miopi per accorgersi di non essere intoccabili e che, in realtà, si è tutti
sulla stessa barca ed è solo questione di tempo prima di finire schiacciati
anche loro. Una critica forte allo spezzettamento dei lavoratori, più
interessati a difendere il proprio orticello che a fare fronte comune, come
convinti che, se se ne stanno buoni e zitti in un angolo, forse se la
prenderanno solo con gli altri. Ma Evangelisti non si ferma qui, perché sceglie
così accuratamente il periodo storico in cui ambientare il libro, che spesso le
pagine sembrano il quotidiano preso stamattina in edicola. La crisi, la
mancanza di lavoro, il debito pubblico alle stelle, tutto uguale ieri come
oggi. Così come uguali sembrano essere le riforme, sbagliate, messe in campo:
tasse sempre più alte che vanno a colpire i ceti meno abbienti, i lavoratori, i
dipendenti; maggiore precarizzazione per creare, ufficiosamente, più posti di
lavoro; tagli delle tasse ai ricchi, con l’illusione che questo li spinga ad
assumere di più. Il risultato, oggi come allora, è lo stesso: un progressivo
allargamento della forbice tra poveri e ricchi, con i primi sempre più poveri e
i secondi sempre più ricchi, un aumento esponenziale della disoccupazione, una
crisi che non sembra avere fine o soluzione e un debito pubblico per nulla
sotto controllo.
Quello che manca, oggi, è un movimento che cerchi di
radunare e accogliere tutte queste anime così diverse, per fare fronte comune e
proporre soluzioni diverse alla crisi. Nel libro grande importanza viene
ricoperta dal neo-nato partito socialista che, in varie incarnazioni, a quel
tempo muoveva i suoi primi passi e, per certi versi, cercava ancora una sua
vera e propria identità, tra le spinte dei repubblicani da una parte e degli
anarchici dall’altra. Oggi, e in realtà già allora, come ci racconta il libro,
non abbiamo nulla di simile. Mille mila partiti, movimenti e rappresentanze,
tutti che si muovono da soli, in una sterile guerra tra poveri, e non riescono
ad avere una visione d’insieme. È indubbiamente anche questa una delle maggiori
critiche presenti nel libro, oltre a quelle rivolte al sistema.
Per concludere “Il Sole dell’Avvenire” è uno dei libri più
belli, toccanti ed istruttivi scritti da Valerio Evangelisti. Se siete suoi fan
dovete leggerlo. Se non avete mai letto nulla di suo, cominciate pure da questo
e vi innamorerete di questi personaggi e di questa storia. I due romanzi “Il
Collare di Fuoco” e “Il Collare Spezzato” sappiamo che sono stati adottati, in
Messico, come libri di testo per raccontare la storia del loro paese. Sarebbe
bellissimo se simile destino avesse anche la trilogia de “Il Sole
dell’Avvenire” in Italia. Forse, per una volta, gli studenti italiani si
appassionerebbero alle letture scolastiche, soprattutto unirebbero l’utile al
dilettevole imparando qualcosa d’importante sulla nostra storia e, perché no,
imparerebbero anche un po’ di più a pensare con la loro testa.